Pubblichiamo un comunicato dell’Associazione nazionale archeologi sulle visite al Quirinale.
Dal 23 giugno il Quirinale diventerà “la casa degli Italiani”, come ha annunciato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo scorso 2 giugno per la Festa della Repubblica. Ma per garantire il servizio il Quirinale ha deciso di ricorrere ai volontari del Touring Club e agli studenti e tirocinanti dell’Università di Roma. Le guide turistiche professioniste, costituite da storici dell’arte, archeologi e specialisti del patrimonio culturale non potranno più accedere al Palazzo del Quirinale per svolgere la propria attività lavorativa. «Non comprendiamo la decisione del Quirinale – dichiara Salvo Barrano, presidente dell’Associazione Nazionale Archeologi – di ostacolare i professionisti nello svolgimento del lavoro per il quale si sono formati e per il quale dovrebbero essere adeguatamente retribuiti, ed esprimiamo piena solidarietà agli esperti archeologi, archivisti, bibliotecari e storici dell’arte che non potranno più svolgere l’attività di guida all’interno del Quirinale».
A novembre scorso i professionisti dei beni culturali, convocati dal coordinamento di Confassociazioni Beni Culturali, sono scesi nelle piazze italiane allo slogan “Cultura è lavoro, il lavoro si paga”, proprio per denunciare la tendenza delle istituzioni e dello stesso MIBACT a ricorrere ai tirocinanti e volontari al posto dei lavoratori. Tendenza confermata dal recente reclutamento di ulteriori 130 tirocinanti a Pompei, dopo aver mandato a casa quelli già “utilizzati” nei mesi scorsi.
Oltre all’aspetto etico, la scelta del Quirinale appare in netto contrasto con l’art. 1 della Costituzione, che recita: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». I Padri Costituenti dovevano essere fermamente convinti della differenza quando hanno scelto di usare il termine “lavoro”e non “volontariato”. Anche i dati raccolti dall’Osservatorio Bandi Archeologici dell’ANA confermano un progressivo aumento di avvisi da parte di istituzioni pubbliche per la selezione di volontari da destinare ad attività lavorative, motivato quasi sempre con la scarsità di risorse. Una motivazione inaccettabile in un Paese come l’Italia, custode di un immenso patrimonio culturale, dove la professionalità e la conoscenza dovrebbero creare sviluppo, buona occupazione ed essere retribuite in maniera adeguata. «Chi non lo fa, istituzioni comprese», afferma Ada Preite, responsabile dell’Osservatorio, «si assume la grave responsabilità di svalutare un patrimonio unico di competenze e di elevare pericolosamente i livelli di disoccupazione intellettuale e di disagio sociale».
Auspichiamo pertanto che la decisione venga rivista, poiché consegnare la conoscenza di un monumento simbolo del Paese come il Quirinale alla logica esclusiva del volontarismo e del dilettantismo, è indice di miopia, di superficialità e di arroganza nei confronti dei visitatori e di una generazione che ha faticosamente acquisito un patrimonio di conoscenze che rischiano così di essere gettate a mare.
«Anche per questo – sottolinea Barrano – sosteniamo con convinzione l’appello lanciato dai colleghi dell’Associazione Bianchi Bandinelli contro questa scelta».